Disturbi del sonno, una pandemia nella pandemia

Tra i termini clinici più cercati sul web è “coronasomnia”, quella serie di difficoltà a dormire bene causata dall’attuale crisi sanitaria. La privazione del sonno ha un peso economico sul Pil del paese.

Con la ricorrenza della Giornata mondiale del sonno (19 marzo), gli esperti ci ricordano quanto il sonno sia fondamentale per la salute dell’intero organismo. La sua carenza e scarsa qualità causano diverse disfunzioni del corpo in quanto danneggia il sistema immunitario e ci rende più vulnerabili (alle forme di coronavirus).

Dormire bene e regolarmente per vivere meglio è il consiglio degli studiosi, tra cui la voce della neurologa portoghese Teresa Paiva, fondatrice del centro di medicina del sonno di Lisbona (CENC). In un intervento a Euronews ha parlato dei suoi studi condotti sull’impatto negativo della pandemia sul sonno. “Nella prima fase della diffusione del virus circa il 50% delle persone ha dormito uguale o meglio di prima (complice il primo isolamento in casa, fuori dagli uffici e dai ritmi lavorativi) e l’altra metà ha dormito peggio. Poi la qualità del sonno è peggiorata drasticamente per quasi la totalità”, ha spiegato la neurologa.

Con il protrarsi delle restrizioni, l’isolamento prolungato e forzato e l’impatto economico della pandemia si è riscontrato una vera e propria epidemia di insonnia. Circa il 40% dei pazienti dichiara di dormire peggio e tra il 60 e il 70% afferma di non avere più un sonno soddisfacente e ristoratore. Non a caso, vi è in atto un boom negli acquisti di sonniferi e integratori a base di melatonina, valeriana e melissa.

Sonno disturbato: non è uguale per tutti

A dirlo sono le statistiche e le ricerche. Le donne sono più esposte all’insonnia durante questa pandemia. Seguono coloro con mezzi di sussistenza insicuri, più soggette all’isolamento sociale. E anche i bambini e adolescenti iper-connessi.

I cambiamenti delle abitudini di vita quotidiana, la ridotta esposizione alla luce solare dovuta al confinamento in casa hanno un forte impatto sull’orologio biologico dell’essere umano.

Servirebbe un vaccino anti-insonnia

I medici sono chiari: i sonniferi devono essere considerati l’ultima risorsa da prendere in considerazione. Possono infatti causare dipendenza e necessitano di un controllo costante del medico in termini di posologia, frequenza e durata.

Secondo la neurologa di cui sopra, Teresa Paiva, la qualità del sonno dipende anche dagli atteggiamenti personali. Chi ha atteggiamenti negativi, disfattisti, che si lasciano sopraffare dal contesto e dalle restrizioni sono quelli che hanno la peggior qualità del sonno. L’irritabilità e la pigrizia (trascorrere la giornata a letto, tra serie televisive, social networks e mobile) aumentano la produzione di sostanze e ormoni “disturbatori” del sonno. Al contrario, comportamenti positivi e attività rilassanti come il giardinaggio, le attività manuali, le tecniche di rilassamento e meditazione, la voglia di apprendere nuove cose o banalmente ascoltare musica, hanno una qualità del sonno più ristoratore.

Il team portoghese ha messo a punto un indice di calamità, secondo il quale tanto peggiora questo indice, tanto peggiore è la qualità del sonno.

Il vaccino contro l’insonnia consiste in una serie di regole che andrebbero seguite sempre. La difficoltà è che in questo contesto risulta più difficile seguirle:

  • Mantenere una routine nel nostro planning giornaliero
  • Evitare di stare troppo connessi prima di coricarsi;
  • Fare una moderata attività fisica;
  • Evitare pasti ricchi e/o cibi difficili da digerire prima di andare a letto;
  • Evitare di assumente nella seconda parte della giornata sostanze eccitanti come alcol, tabacco, caffeina, teina e zucchero;
  • Imparare e fare proprie alcune tecniche di rilassamento e di gestione dello stress;
  • Dormire in un ambiente piacevole, fresco e buio;
  • Ridurre al minimo i “sonnellini” durante il giorno, soprattutto se si è consapevoli della difficoltà di prendere sonno di notte.

Il modo in cui impariamo a gestire il nostro riposo e tempo libero ha un impatto sulla nostra salute e sulle nostre funzionalità cerebrali. Ne siamo i primi responsabili, anche se di fronte a una pandemia e a scelte politiche sopra la nostra portata.

Isolarsi sì, ma non troppo

Un aspetto interessante è che sempre più persone si “sconnettono” dal mondo esterno dell’informazione e non guardano più le notizie legate alla pandemia. In parte, può essere una strategia positiva per alleviare l’ansia e lo stress, purché non porti a dimenticarci che siamo nel pieno di una crisi sanitaria e bisogna rispettare e applicare le misure protettive.

A onore del vero, i disturbi del sonno c’erano anche prima del Covid e interessavano comunque una percentuale alta di persone. La pandemia ne ora posto l’accento e ampliato il raggio di azione. Ancora prima, era stato calcolato, in senso letterale il costo del sonno. In uno studio che ha preso in esame i cinque Paesi più ricchi al mondo, si è scoperto che la privazione del sonno costa dall’1,3 al 3% del PIL. Quindi, il dormire male è molto costoso.