Cosa prova chi è affetto da una forma di demenza

Mettersi nei panni altrui dovrebbe valere sempre, ma con una forma di demenza non è poi così immediato. Sentire le stesse sensazioni può aiutare ad affrontare al meglio il decadimento cognitivo.

Chi non ha avuto almeno una volta la tentazione di mettersi nei panni di qualcun altro? Se poi si tratta di un qualcuno con una forma di demenza, il gioco si fa serio.

Qualche anno fa, la Federazione Alzheimer Italia, la più grande e importante organizzazione nazionale non profit che opera per migliorare la qualità di vita dei pazienti e dei loro familiari – ha messo a punto un esperimento all’interno di una sala cinematografica per far vivere allo spettatore/caregiver le medesime sensazioni di smarrimento, timore, confusione con cui chi soffre di Alzheimer convivono.

Errore nell’esperimento

All’ingresso in sala, il film proiettato sullo schermo non era quello riportato sul biglietto e in locandina. Un errore “apparente” e voluto. Il film in questione era “Ecceziunale veramente” con Diego Abatantuono. L’imprevisto ha creato scompiglio, con reazioni di incertezza, paura di aver sbagliato sala, sgomento. Per tutti i minuti antecedenti alla spiegazione del senso dell’’esperimento e dell’errore “organizzato”, sono state vissute in prima persona tutte quelle sensazioni che una persona affetta da demenza vive nella quotidianità. L’obiettivo, quello di portare a vivere e a riflettere sulle necessità reali di un malato di Alzheimer, era stato raggiunto.

Oltreoceano, il tour della demenza

In America, alcuni fa, una giornalista del Washington Post decise di intraprendere il “Virtual Dementia Tour”, ossia il tour virtuale della demenza. Un vero e proprio programma di addestramento per aiutare operatori sanitari e caregiver a capire nel profondo cosa vuol dire soffrire di demenza.

Il tour prevede una prima fase di “vestizione” in cui si indossano occhiali che imitano la perdita della visione periferica associata alla demenza; imitano anche gli effetti della cataratta, degenerazione maculare e ingiallimento che sono comuni nell’invecchiamento. I guanti rendono più difficile manipolare oggetti, premere pulsanti o sentire qualsiasi cosa, per essere simile assomigliare a il senso ridotto del tatto e la percezione della profondità associata alla demenza.

Le persone con demenza spesso non sono in grado di bloccare il rumore di fondo, quindi le cuffie amplificano i suoni ambientali fino a quando non interferiscono con il normale funzionamento. Gli inserti appuntiti nelle scarpe imitano la neuropatia periferica, il torpore e il dolore da danni ai nervi che spesso colpiscono mani e piedi.

Empatia come obiettivo

Obiettivo del tour è creare empatia e accorgersi di come involontariamente all’interno di un contesto disturbato (anche se solo artificialmente) porti ad azioni e a un linguaggio del corpo perfettamente somigliante a quello di pazienti con Alzheimer. Espressioni attonite, stordite, incertezza e sforzo nel cercare di “vivere in modo normale” ha fatto sì che non fossero eseguito semplici compiti (scrivere un biglietto, indossare un maglione bianco, piegare asciugamani, riempire un bicchiere, e così via) attribuiti prima dell’inizio del tour.

Consapevolezza affitasi

Vivere in prima persona quelle sensazione di smarrimento che per i malati di Alzheimer è la quotidianità è l’occasione per sensibilizzare sia sulle loro necessità, sia sugli aspetti culturali e sociali legati allo stigma, che colpisce non solo i malati, ma anche il nucleo familiare. Rendere sempre più persone consapevoli significa fare un passo avanti per combattere il senso di esclusione di malati e familiari, contribuendo a migliorare la loro qualità di vita.